La storia di Apa Sherpa (2018, 14 min) – Banff Mountain Film Festival

“La storia di Apa Sherpa” è un cortometraggio del regista canadese Eric Crosland. Siamo nella regione del Khumbu in Nepal, alle pendici del Monte Everest. Il protagonista racconta la sua storia, che è quella di un bambino costretto a lasciare la scuola per lavorare a 12 anni come portatore, in seguito alla morte del padre. Dopo aver salito l’Everest per ben 21 volte, Apa Sherpa è ora impegnato a garantire con la sua fondazione una istruzione e un futuro migliore ai giovani e alla gente della sua Regione.

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Becca di Nona (m. 3142) da Pila (arrivo seggiovia Pila-Chamolè)

  • Località di partenza: Pila (arrivo seggiovia Pila-Chamolè)
  • Quota di partenza: 2309 m
  • Dislivello:  m 1350
  • Tempo di percorrenza: 6 h 30′ (a/r)
  • Difficoltà: E

Accesso stradale: Dall’uscita autostradale di Aosta, si seguono le indicazioni per Pila, attraversando il fiume Dora a Pont Suaz, quindi superato Charvensod si risale la Strada Regionale 18 fino al grande posteggio sulla sinistra prima del centro turistico, da dove parte la seggiovia che raggiunge il lago di Chamolè.

Itinerario: Utilizzando la seggiovia si arriva a quota 2309 m., a pochi minuti dal Lago di Chamolè (m. 2325). Lo si costeggia per un breve tratto, fino alle paline segnavia poste all’inizio della sponda nord quindi, seguendo le indicazioni per Comboè, si trascura a destra il sentiero che conduce al Colle Chamolè (e successivamente al Rifugio Arbolle), per risalire il crinale del Col Replan. Al successivo bivio si prende a sinistra, per giungere al colle, dove si intercetta a destra, prima un sentiero proveniente da Punta Replan quindi sempre a destra, una traccia molto ripida (poco evidente) che scende direttamente a Comboè. Proseguiamo  invece diritto, per giungere al bel pianoro di Col Fenetre, dove sulla destra si stacca il sentiero che scende nel bosco, che perdendo in breve 450 metri, raggiunge nel vallone di Comboè l’omonimo alpeggio. Lasciati i fabbricati dell’alpeggio, si risale il fondo del vallone (sentiero 14 – 16) fino ad un bivio. Si svolta a sinistra, superando il torrente su un ponticello in legno, lasciando diritto davanti a noi il sentiero che prosegue in direzione della bastionata rocciosa, su cui si trova il rifugio Arbolle (m. 2500).

Il nostro sentiero prende quota rapidamente nella fascia boschiva fino a Pian Valé (letto di antico ghiacciaio), dove prosegue sempre molto evidente, fino alle pendici detritiche della Becca di Nona. Si raggiunge quindi un bivio, nei pressi di un grosso masso (m. 2550), dove a sinistra parte l’itinerario della normale che conduce alla Becca di Nona (sentiero 16). Si inizia a salire con numerosi tornanti che guadagnano rapidamente quota, toccando più in alto una zona appena più impegnativa, costituita da roccette e materiale detritico instabile. Poco sotto la cima, si incrocia una traccia evidente che sale dal Col Carrel, che è possibile utilizzare per la discesa volendo fare un giro ad anello. Da qui, in breve tempo su buon sentiero, si raggiunge la grande statua della Vergine posta nei pressi della cima (m.3142). L’opera con basamento in ghisa, voluta dal CAI di Aosta e trasportata a dorso di mulo, venne inaugurata il 12 settembre 1892.

In cima alla Becca di Nona

L’autore della prima ascensione conosciuta è l’ing. Casalegno dello Stato Maggiore dell’Esercito nell’anno 1832.

Discesa: In alternativa alla discesa sull’itinerario percorso per l’ascesa, è possibile ripercorrere a ritroso il sentiero di salita fino alla traccia molto ripida che a sinistra (sulla cresta sud) scende al Colle Carrel (e al Bivacco Zullo), quindi su sentiero meno ripido ricavato nell’ampio canale, si raggiunge il bivio a quota m. 2550 dove si unisce alla normale di salita.

Toponomastica. Sono senza dubbio di più antica denominazione le vette che indicano le ore per i paesi a nord di essi: così la “Becca di Nona” è così chiamata perchè gli abitanti di Aosta quando vedevano passare il sole sulla sua sagoma sapevano che erano le tre del pomeriggio, la nona ora canonica romana (il conteggio partiva alle sei del mattino).

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Decalogo per praticare in sicurezza l’alpinismo estivo – 10 consigli delle Guide Alpine della Lombardia

  1. Decidete i vostri obiettivi dopo un’attenta valutazione delle vostre condizioni psico-fisiche, delle vostre capacità ed esperienza e di quelle dei componenti del gruppo con cui si organizza l’escursione.
  2. Preparate in maniera accurata la vostra escursione valutando, le previsioni meteo, la topografia del luogo, i punti di appoggio (rifugi e bivacchi), la lunghezza, il dislivello, la difficoltà tecnica, i tempi di percorrenza.
  3. Prendete informazioni, dai numerosi siti che descrivono gli itinerari, dai bollettini nivo-meteorologici, dagli uffici delle guide Alpine locali, dagli Uffici turistici, dai gestori dei rifugi e consultate le carte topografiche del luogo.
  4. Valutate attentamente le condizioni dei terreni che avete in programma di percorrere, tenendo presente le condizioni del clima e gli effetti che questo produce soprattutto sui ghiacciai e sulla solidità e stabilità delle pareti rocciose, di misto e di ghiaccio.
  5. Siate a conoscenza e padroni delle tecniche di utilizzo dell’attrezzatura che usate come corda piccozza e ramponi e delle manovre più frequenti come, approntare le soste, le procedure di assicurazione, le calate, la progressione a corda corta e le manovre di autosoccorso base.
  6. Dotatevi dell’abbigliamento e delle calzature appropriate al tipo di gita che volete affrontare tenendo in seria considerazione che le condizioni della montagna possono variare drasticamente in maniera repentina.
  7. Utilizzate l’attrezzatura tecnica necessaria allo svolgimento della gita senza dimenticare un kit di emergenza (telo termico, pronto soccorso).
  8. Ricordatevi di alimentarvi con cibi leggeri ed energetici e idratatevi con bevande arricchite di sali minerali.
  9. Prenotate con buon anticipo i rifugi e mantenete un comportamento appropriato e rispettoso durante la vostra permanenza. Informatevi sulle condizioni dei bivacchi di alta quota. Portate a casa i vostri rifiuti.
  10. Siate informati sulla copertura telefonica dei luoghi che si frequentano, potreste avere la necessità urgente di allertare il soccorso organizzato (112).
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Sacra di San Michele – Ferrata Carlo Giorda

  • Località di partenza: Sant’Ambrogio di Torino (TO – Valle di Susa)
  • Quota di partenza: 350 m
  • Dislivello: 655 m
  • Tempo di percorrenza: 4 h 30′ – 5 h.
  • Difficoltà: AD (abbastanza difficile)

Accesso: Raggiunto il paese di Sant’Ambrogio, all’imbocco della Valle di Susa, tramite A32 del Frejus uscita Avigliana, si procede lungo la SS.25 superando il centro abitato in direzione di Chiusa San Michele. Si arriva quindi ad un ampio spiazzo a sinistra della statale (parcheggio della ferrata con grande cartello) in località Croce della Bell’Alda (350 m), alla base della parete nord del Monte Pirchiriano.

Si parte salendo rocce inclinate le­vigate dai ghiacciai, per una se­quenza di risalti attrezzati, uniti da brevi sentieri. Quindi dopo un piccolo boschetto si risalgono alcuni pilastri attrezzati con gradini, il primo piuttosto aereo e appena strapiombante (AD), i successivi dove è necessario un po’ di concentrazione per trovare appigli naturali per la progressione, arrivando alla sella di Pian Risulet (56o m, 1.30-2 ore; da qui un sentiero a sinistra offre la prima via di fuga). Per continua­re la ferrata si segue il sentiero a destra, in un fitto bosco che ci porta fino al ponte tibetano, lungo 90 metri, che raggiunge la base di un muro attrezzato con abbondanza di staffe, che risaliamo per guadagnare  Pian Cestlet.

Siamo sullo sperone principa­le, dove seguiamo su traverso in roccia un poco esposto, verso ovest. Si procede salendo il tratto di muri più divertenti e continuo, con il ferro ridotto al minimo e spesso il solo cavo di sicurezza. Mantenendosi sul filo dello sperone con vista sulla valle, si perviene alla base del salto finale, un muro verticale, prima del quale si trova un intaglio che si supera con un breve ma divertente ponte tibeta­no di soli cavi,  per giungere infine al Saut du Cin (74o m, 1 ora). Qui a sinistra parte un’al­tra via di fuga che in 20 minuti raggiunge la borgata S. Pietro.

Risaliamo ora una rampa a destra, e successivamente un serie di cenge e rampe che si alternano fino alla stazione meteo, nei pressi nel cartello con l’indicazione della cima del Monte Pirchiriano. Giunti alla base del muro della Sa­cra si va a destra e per saliscendi su cengia, a tratti piuttosto ripida e con ancora un paio di tratti attrezzati, si perviene alla stradina asfaltata d’ac­cesso all’abbazia (900 m, 0.45 ore).

Discesa: Poco sotto il Sepolcro dei monaci, si lascia la stradina asfaltata e si svolta a sinistra, pren­dendo l’antica mulattiera che scende alla borgata di San Pietro. Si passa tra le case piegando a sini­stra, al termine della borgata, per proseguire sulla via sel­ciata scandita dalla Via crucis (fontane lungo il percorso) che con ampi tornanti scende fino a Sant’Ambro­gio (1.15 ore).

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L’ anello di Castel Tournou

  • Località di partenza: Tenda (Tende, 06)
  • Quota di partenza: 875 m
  • Dislivello: 600 m
  • Tempo di percorrenza. 3h15′ l’anello
  • Difficoltà: E

Giro ad anello in un vallone solitario e selvaggio, che fiancheggia due opere di ingegneria militare della seconda linea del Vallo Alpino Occidentale e percorre una storica mulattiera che attraverso il Colle dei Signori collegava Tenda all’Alta Valle Tanaro.

Castel Tournou

Accesso: Da Cuneo si risale la Val Vermenagna, toccando Borgo S. Dalmazzo, Roccavione, Robilante e Vernante. Superato Limone Piemonte, si attraversa il traforo internazionale del Tenda e si raggiunge l’omonimo paese, dove nei pressi della farmacia, si segue la strada a sinistra, che transita sotto il ponte della ferrovia, inoltrandosi nello stretto vallon du Réfréi. Si procede per circa tre chilometri su una stretta strada asfaltata, che scavalca un ponticello (Pont Riche) e termina nei pressi di uno spiazzo per le auto (875 m – balise #306).

Dal posteggio, risalgono il vallone due sterrate sui due versanti opposti. Lasciamo a destra la diramazione diretta alle Grange della Varne, da dove ritorneremo, per seguire sulla sinistra la pista (indicazioni Castel Tournou), che in breve raggiunge il Lago della Pia e in altri 15 minuti le Granges de la Pia  (919 m – #318), gruppo di case che sorgono  allo sbocco del vallone di Rouéou. Si superano con ripidi tornanti i pendii a monte della borgata e raggiunto un assolato costone tra il Rio Freddo e il  torrente Rouéou (sempre seguendo l’evidente traccia e le tacche gialle) perveniamo e lasciamo a destra i ruderi di Case di Cragno (1140 m), per giungere a una sella da dove si palesa il massiccio monolito cilindrico di calcare di Castel Tournou.

Si transita quindi al fianco di una barma e si raggiunge in breve le grange Cragnou precedute da un pilone sacro (1290 m – 1 ora dalle Grange de la Pia). Con un traverso su stretta cengia alla base del torrione si perviene alla balise #317 e piegando su una traccia che sale a sinistra, si raggiunge l’ingresso della struttura militare (1340 m – 1h30′).

L’Opera 243 fa parte della seconda linea fortificata della Val Roya, che da Vievola arrivava fino al Monte Bertrand. A tale linea appartengono alcuni dei centri più spettacolari sia come dimensioni che come posizione, spesso ricavati all’interno di imponenti masse rocciose e con le postazioni per le armi che si aprono a grande altezza su pareti pressoché verticali (oltre al nostro Castel Tournou  ci sono il Monte Corto, le Rocce di Gata e le Rocce della Servia). E’ un’opera in calcestruzzo e caverna, costruita secondo le prescrizioni della Circolare 15000 nel 1940. È stata completata solo nelle parti murarie, ma non fu mai equipaggiata né con gli impianti tecnici, né fu mai armata. E’ visitabile avendo a disposizione abbigliamento adeguato e una buona torcia.

Si continua l’anello, discendendo la mulattiera fino ad incrociare una strada diretta a Morignole (balise #317). Quindi con alcuni tornanti si transita al di sopra di alcune baite e sul fondo del vallone di Rio Freddo, si attraversano un paio di ponti di recente costruzione. Si ritorna a salire sulla strada forestale sul versante opposto del vallone, fino ad uno stretto tornante a sinistra, dove uno slargo costituisce un ottimo belvedere su tutto il vallone di Rio Freddo e sul curioso torrione di Castel Tournou (balise #308).

Si lascia la strada per il sentiero che diritto (sud – segnalato con cartello), a monte della parete strapiombante delle Rocce della Servia, ridiscende prima con traverso poco inclinato, quindi con alcune serpentine ravvicinate (“L’escalette”) il precipite versante.  Raggiunto un torrente, che forma una bella cascata, prosegue ancora con tracciato scavato nella roccia fino alla balise #308, da dove con un lungo traverso nel bosco di conifere, la mulattiera militare arriva ad un bivio. Si lascia a sinistra una carrareccia che porta alle Granges de Pont Riches (balise #307) e proseguendo nell’ombrosa pineta, si raggiunge il posteggio per le auto (875 m – balise #306 – 1h e 45′ da Castel Tournou).

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Monte Carmo di Loano (m. 1389) da Verzi

  • Località di partenza: Verzi di Loano
  • Quota di partenza: 180 m
  • Dislivello: 1200 m
  • Tempo di percorrenza. 5h30′ l’anello
  • Difficoltà: E

Il Monte Carmo di Loano  (per distinguerlo dai numerosi omonimi sparsi per la Liguria) è accessibile da più versanti con percorsi assai diversi tra loro, sia dal punto di vista paesaggistico, sia per lunghezza.  La montagna  è costituita da due cime: la principale (m. 1389), un dossone arrotondato di erba e rocce, su cui sorge una grande croce e una piattaforma metallica (dove sono indicate le direzioni delle località e le cime delle Alpi visibili), e un anticima sud-est (m. 1328) su cui si trova la stazione d’arrivo di una teleferica. Qui viene descritta la salita dal versante sud/sud-est della montagna, partendo da Verzi.

Il Monte Carmo di Loano

Accesso stradale: Dall’Autostrada A10 Genova-XXmiglia, si esce a Pietra Ligure, quindi giunti sull’Aurelia si prende a destra per Loano, dove si imbocca la comunale per Verzi. Giunti nella frazione si lascia l’auto nell’ampio parcheggio a destra, in  Borgata Chiesa.

Verzi borgata Chiesa

Itinerario: Si continua a piedi verso monte, sulla strada asfaltata principale che lascia a destra  la chiesa parrocchiale  e sale tra i boschi della Val Nimbalto. Dopo un lungo tratto su asfalto, lascia a sinistra una stradina secondaria diretta ad un allevamento di cani, diventa sterrata (sempre in discrete condizioni) e raggiunge con una serie di tornanti in ripida salita, un parcheggio in località Castagnabanca (600 m – 1h da Verzi).

In fondo al piazzale, si segue il sentiero a monte (segnavia: due quadrati rossi pieni)  che sale nel bosco ricongiungendosi in breve ad una sterrata. La si rimonta verso sinistra transitando accanto ad una caratteristica casella. Giunti nei pressi di una valletta si trascura la traccia principale (diretta alla Rocca dell’Aia), per piegare a destra su una ripida mulattiera che con percorso tortuoso raggiunge un rio, che attraversiamo su una passerella in legno (“Ponte Martinetti”). Con un ultimo strappo raggiungiamo l’ameno ripiano erboso dove sorge il Rifugio Pian delle Bosse (841 m – h 0,30 da Castagnabanca) di proprietà del CAI di Loano ai piedi del contrafforte sud-est del Monte Carmo. Il Rifugio aperto per la maggior parte dell’anno con servizio di alberghetto, dispone di 40 posti letto, servizi igienici esterni ed al piano, doccia calda, telefono (019.671.790) ed un salone che può ospitare più di 50 persone. Nei pressi della struttura, inaugurata il 21 Maggio 1978 si trovano tavoli e panche per il picnic, ed una fresca fontana.

A monte del Rifugio, si ritrova la traccia da seguire per un breve tratto, fino ad un bivio. Lasciato a destra il sentiero per il Giogo di Giustenice (Segnavia: Triangolo rosso pieno) da dove si chiuderà il nostro giro ad anello, si segue a sinistra la traccia (segnavia: due quadrati rossi pieni) che risale in diagonale il boscoso pendio, che mano a mano che risale verso la cresta si fa più rado lasciando il posto agli arbusti che diventano preponderanti. Superata con fatica un’ultima china piu’ ripida si sbuca sulla cresta sud-est. I segnavia portano a rimontare il filo  del costone roccioso, con divertente percorso tra tratti erbosi e roccette e vari saliscendi, aggirando sulla sinistra un risalto roccioso piuttosto aereo per raggiungere infine l’Anticima sud-est da dove, davanti a noi, si scorge il pendio con in cima la grande croce del Monte Carmo. Si scende nell’ampia depressione erbosa alla base del pendio finale (m. 1315), lasciando a sinistra il sentiero diretto al vicino Rifugio Amici del Carmo e si risale con alcuni tornanti l’erta china fino a raggiungere la vetta (m. 1389 – 1h 30′ dal Rifugio). Il panorama dalla cima è straordinario: la riviera ligure dal Golfo del Tigullio fino ad Albenga, verso il mare è possibile osservare il profilo della Corsica, mentre sul lato opposto è un osservatorio privilegiato sulle Alpi Liguri.

Vista da in cima al Carmo verso il mare

Ritornati al  crocevia fra il Carmo e l’Anticima Sud-Est si svolta a sinistra (Est), seguendo i segnavia dell’Alta Via dei Monti Liguri (AV) e il triangolo rosso del Sentiero delle Scalette. Procedendo sul ripido sentiero, a tratti accomodato mediante rudimentali scalini ricavati con travi in legno, si scende nel fitto bosco del versante orientale del Carmo, dove è facile incontrare cavalli allo stato brado. Mantenendosi sul tracciato principale, in breve si perviene al Giogo di Giustenice (1139 m, h 0,30 dalla cima).

Dal valico si segue in la carrareccia in discesa verso destra, fino all’altezza del primo tornante: qui stacca diritto (1130 m) un comodo sentiero (segnavia triangolo rosso, indicazioni Rifugio Pian delle Bosse) che, inizialmente in lieve salita, quindi con percorso in piano rientra nel bosco e raggiunge le Neviere del Monte Carmo che servivano all’uomo per conservare la neve (tabellone esplicativo). Erano semplici buche di forma cilindrica profonde 4/5 metri, con diametro variabile da 5 a 10 metri e pareti rivestite di pietrame a secco, fondo drenante per permettere all’acqua di defluire all’esterno per non compromettere quindi il restante materiale, uno spesso strato di foglie secche (ogni 50 cm di neve pressata) e da una copertura costituita da sacchi di canapa, uno strato di terra e ramaglie che fungeva da camera d’aria, con un sovrastante riparo in lastre di pietra e terra pressata per isolarla il piu’ possibile dall’esterno e permetterne così la conservazione del ghiaccio fino all’estate successiva. Notizie delle prime niviere risalgono all’età del bronzo, ma in questa zona sorsero a ridosso del 1600 e da subito l’attività subì l’imposizione di una tassa da parte dello Stato Genovese (“Gabella della neve” 1625). Dai primi anni del ‘900 tale attività fu soppiantata dalla produzione di ghiaccio.

Si prosegue lungo l’evidente traccia, transitando a breve distanza dai lastroni di vetta del Bric Pratello, quindi presso una palina, si effettua un deciso cambio di direzione verso destra, tagliando a mezza costa alcuni ripidi pendii. Raggiunto il letto di un rio quasi sempre in secca, lo si segue per un tratto in discesa lungo la sinistra idrografica, poi lo si attraversa e, si chiude l’anello al bivio poco sopra il Rifugio Pian delle Bosse.

Il toponimo “carmo“, molto diffuso in Liguria e dintorni, deriva probabilmente dalla voce prelatina kar, che significa “pietra, roccia” e, per estensione “montagna”; indica spesso montagne massicce ed imponenti, dalle forme tondeggianti.

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Laghi di Vens e Arc de Tortisse da Ferrere

  • Località di partenza: Argentera (CN) – Frazione Ferrere
  • Quota di partenza: 1880 m
  • Dislivello: 1060 m
  • Tempo di percorrenza. 3h30′ la salita – 2h30′ il ritorno
  • Difficoltà: E
Accesso: Da Cuneo si percorre la S.S. 21 per il Colle della Maddalena, risalendo la Valle Stura fino all’abitato di Bersezio. Nella borgata, si lascia la statale, per attraversare un ponte a sinistra e imboccare la carrozzabile per Ferrere. Si ignora a quota 2000 metri un bivio a destra per scendere nell’abitato. I posti auto per i non residenti sono ubicati al di sopra nella borgata, in due piazzole a sinistra.

Panorama di Ferrere

Descrizione: Dall’abitato di Ferrere si segue la mulattiera in discesa (segnavia P33), che lasciata a destra il bivio per la Bassa di Colombart (palina), valica il Rio Ferrere e si dirige poi verso sinistra, per aggirare le boscose propaggini della Serra del Bal e portarsi nel vallone di Forneris. Trascurata la diramazione che si abbassa sulla sinistra per il colle di Stau (palina), si prosegue verso sud, con percorso a mezzacosta sopra le belle distese erbose dei Prati di San Lorenzo. Sempre ottimamente tracciato, il sentiero punta in direzione di un imposta di caccia (costruzione metallica) a quota 2170 m (1 h 15′ – Plan Belvèire, fontana). Si continua a salire oltre la baracca, attraversando una pietraia su una evidente traccia, che con un ampio semicerchio si dirige verso sinistra, per risalire con ripidi tornati una balza e raggiungere un piccolo pianoro erboso ricco di sorgenti, che ospita a destra il piccolo Laghetto della Emma. Si prosegue la salita, per portarsi alla sommità di un largo costolone erboso, sino ad un ripiano ai piedi di una cascata che incide una gola rocciosa. Ora il percorso piega a destra, diventando piu’ faticoso, tornanti e tratti in diagonali si alternano su pendii ripidi e detritici, per raggiungere l’ampia insellatura di erba e minuti sfasciumi del Colle del Ferro Nord (m. 2586 – 2 h 30′). Bel panorama sulla zona dei Laghi di Roburent, sull’Oronaye e sul Monviso.

Colle del Ferro Nord (m. 2586)

Oltre il passo, seguendo a sinistra le indicazioni per il Collet de Tortisse (palina), si prosegue su terreno quasi pianeggiante, fino a raggiungere il valico (m. 2592) tra le ardite guglie delle Aiguilles de Tortisse (a meridione) e lo spartiacque principale Stura-Tinèe (a nord). E’ possibile, con un ripido sentiero affrontare gli ottanta metri di dislivello fino alla cima delle Aiguilles (m. 2672). Solo gli ultimi metri sotto la cima, richiedono un po’ di attenzione e alcuni passi di arrampicata semplice. Ritornati al colletto, si procede ora a sinistra su un lungo traverso, che aggirato un costone roccioso, raggiunge in breve l’Arc de Tortisse, spettacolare formazione a forma di arco naturale generata dall’erosione degli elementi meteorologici, nella tenera roccia calcarea.

Arc de Tortisse

Dall’arco si gode della vista completa sul Rifugio e sui laghi di Vens, che si raggiungono con pochi ampi tornanti. Si inizia quindi a scendere, lasciando a sinistra una scorciatoia, per proseguire ancora sul sentiero principale fino ad un successivo bivio. Ignorata la diramazione a destra per il Villaggio di Vens e successivamente un sentiero a destra che scende ai laghi, si attraversa un rio su una passerella in legno per raggiungere il Refuge des Lacs de Vens (3h 3o’ da Ferrere).

Refuge Lacs de Vens

Il Rifugio des Lacs de Vens di proprietà del CAF di Nizza dispone di 45 posti letto suddivisi in 3 dormitori (e-mail: refugedevens@ffcam.fr) Itinerario di discesa: lungo il percorso di salita. Etimologia dei nomi dei luoghi: il nome Tortisse secondo Michelangelo Bruno trova riscontro nella geomorfologia del rilievo, caratteristico per le stratificazioni rocciose e contorte della cima. Vens rispecchia la base prelatina ven che significa “montagna, altezza, roccia” e coincide con luogo roccioso elevato sede di bacini lacustri. Questo nome è stato inoltre collegato sia al Dio Mars o Pollux Vintius, sia al gentilizio romano Vencius. Ferrere invece deriva dal latino ferrum (ferro) e trova giustificazione nell’estrazione di minerali ferrosi anticamente operata nel suo territorio.

Curiosità: Nell’estate del 2011 l’Arc de Tortisse, viene scelta dal regista Carlo Alberto Pinelli (profondo conoscitore delle montagne locali) per girare il suo film “La storia di Cino”. La produzione italo-francese è ambientata nella provincia di Cuneo a fine ‘800. Il piccolo Cino, nove anni, figlio di poveri montanari del cuneese viene affidato ad un losco carrettiere francese per essere condotto in Francia ed “affittato” per lavorare negli alpeggi estivi del Mercantour. Durante il viaggio, Cino stringe amicizia con Catlìn, una bambina della sua età che, lungo il percorso, si ammala di polmonite e viene abbandonata dal carrettiere. Cino, una volta in Francia è vittima dei maltrattamenti del suo padrone e ben presto scappa in una fuga disperata che tuttavia lo porta a ritrovare inaspettatamente la piccola Catlìn, con la quale decidono di attraversare a piedi le Alpi per ridiscendere in Piemonte e tornare a casa. Il percorso verso l’Italia si rivela presto irto di sorprese e di pericoli su quella Montagna, popolata da forze misteriose ed ostili, che sembra avere una magica influenza sulla piccola Catlìn… Il film narra, come in una fiaba, le avventure e le disavventure dei due piccoli fuggiaschi, i loro incontri, sogni, speranze e paure, in un viaggio di formazione ma anche di libertà e di fantasia.

Critica del film: “Tra Dickens e De Amicis, tra l’avventura e la fiaba non priva di crudezza nel rappresentare le peggiori insidie cui i bambini indifesi sono esposti, tra paesaggi mozzafiato, nobili intenzioni di denuncia (lo sfruttamento dei minori, ora come allora), momenti di tenerezza poetica, un esperto conoscitore della montagna di chiara fama, Carlo Alberto Pinelli, ha realizzato un progetto antico (tanto da portare anche la firma di suo padre, il celebre sceneggiatore Tullio Pinelli morto ultracentenario nel 2009) con autentica passione e con una buona dose di ingenuità.” (Paolo D’Agostini, ‘La Repubblica’, 11 dicembre 2014) “Figlio del grande Tullio, drammaturgo e sceneggiatore assai caro a Fellini, Carlo Alberto Pinelli firma con ‘La storia di Cino’ un film che nella suggestiva ambientazione nel Cuneese rispecchia sia la sua esperienza di documentarista, sia una sua profonda conoscenza della zona. E tuttavia il regista trova qui un registro fiabesco che sarebbe stato nelle corde di suo padre. Il racconto ha le sue radici nella microstoria di quell’area, dove sul finire dell’800 molte famiglie si risolvevano per miseria a mandare i figlioletti a lavorare negli alpeggi della confinante Francia. (…) Pinelli ricava dalla bellezza intatta della cornice naturale un’atmosfera arcana e i piccoli Stefano Marseglia e Francesca Zara, con il loro sguardo chiaro e la loro recitazione di straniata semplicità, fanno il resto.” (Alessandra Levantesi Kezich, ‘La Stampa’, 12 dicembre 2014)
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Cima del Corborant (3010 m) da S. Bernolfo di Vinadio

La croce in cima al Corborant

  • Località di partenza: San Bernolfo  di Vinadio
  • Quota di partenza: 1663 m
  • Dislivello: 1310 m
  • Tempo di percorrenza: 6 h 00′ (a/r)
  • Difficoltà: fino ai Laghi Lausfer: E – dai Laghi alla Cima del Corborant: F+

Accesso: Da Cuneo seguire le indicazioni per il Colle della Maddalena, risalendo la Valle Stura fino all’abitato di Vinadio. Oltre l’abitato, a Pianche (966 m), si procede a sinistra per Bagni di Vinadio (1270 m) e superate le Terme, si trascura la strada a destra per Besmorello per proseguire ancora per circa 6 km fino a raggiungere il caratteristico villaggio di San Bernolfo (ampio parcheggio poco prima della borgata).

Descrizione: dal villaggio di San Bernolfo (1663 m), si segue la sterrata (segnavia P23) in direzione SO lungo il versante sinistro orografico del Vallone di San Bernolfo, raggiungendo una struttura metallica che ha sostituito il vecchio fabbricato denominat0 Capanna di Corborant (1885 m). Si risale ancora con ampi tornanti la testata del vallone fino alla stessa quota della cascatella formata dal torrente Corborant (che scende dal soprastante Vallone di Barbacana), dove si abbandona la carrareccia per seguire a destra una ripida traccia (scorciatoia), che con lunga diagonale perviene ad un’ampia mulattiera (prosecuzione della carrareccia precedente).  Si raggiunge un bivio (2285 m – paline) che a sinistra lascia un sentiero diretto al passo di Barbacana (segnavia P23) per traversare in salita (segnavia P47) magri pendii erbosi e guadagnare la valletta del Lausfèr, che ospita gli omonimi laghi, dopo alcuni tornanti ed una breve salita.

Valletta del Lausfer

  Costeggiamo sulla destra i due bellissimi specchi d’acqua: prima il lago inferiore (2501 m) e dopo una decina di minuti quello superiore (2560 m) dai quali è ben visibile la stretta incisione della forcella est del Corborant, subito sopra il passaggio più impegnativo di tutta la salita il “Buco della Marmotta”. Si risale il ripido pendio detritico a monte del lago con numerosi tornanti, per uscire nella conca terminale del vallone che si allunga da destra verso sinistra, seguendo evidenti tracce, fino a ritrovarsi in corrispondenza dello sbocco inferiore dell’evidente canale che porta alla forcella a destra della cima. Una palina indica la cengia che risale il ripido canalino con fondo detritico, con in cima qualche passaggio su roccette, terminante alla base di un enorme masso incastrato nell’angusto canale, che forma una specie di grotta: questo caratteristico passaggio è denominato “Buco della Marmotta”.

Il buco della marmotta

  Raggiunta la piccola grotta (attrezzata con gradini in  ferro), con un passaggio un po’ atletico (facilitato dai gradini) si esce su un terrazzino, nella parte finale del canale. Si continua ancora per facili rocce e detriti, giungendo alla stretta incisione della Forcella Est del Corborant (2900 m) aperta tra la Cima ed il Gendarme del Corborant.

Placche lisce sulla cresta est del Corborant

 

Si prosegue ora subito a sinistra, lungo la cresta Est della Cima del Corborant: all’inizio costituita di lastroni lisci ma poco inclinati (catene), più in alto per cenge e piccoli salti di roccia, per raggiungere l’ultima parte della cresta, ampia e arrotondata, che conduce senza altre difficoltà sulla Cima del Corborant (3010 m, libro di vetta).

Bellissimo panorama su tutta la Valle Stura, sui numerosi laghi glaciali che circondano la cima e sulle principali montagne delle Alpi Marittime. Itinerario di discesa: lungo il percorso di salita. Curiosità: Il 12 settembre 1987 una frana ha coinvolto la parte sommitale di Cima Corborant, provocando un accumulo detritico di circa 10.000 mc alla base della parete sud-est. L’evento che ha modificato l’aspetto della montagna, per la presenza di un vistoso incavo a forma irregolarmente romboidale a partire dai m 2980 s.l.m., si è verificato a seguito di successivi eventi temporaleschi, che hanno lasciato a terra un totale compreso tra 120 e 180 mm di pioggia. La frana che ha in parte cancellato la traccia che sale al Passo di Corborant, non ha però modificato l’accesso alla cengia che dal passo porta in vetta.

 

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Monte Grammondo (Le Grand Mont) (m. 1378) da Olivetta S. Michele

  • Località di partenza: Olivetta S. Michele
  • Quota di partenza: 292 m
  • Dislivello: 1140 m
  • Tempo di percorrenza. 5h30′ (a/r)
  • Difficoltà: E

Accesso: Da Borgo S. Dalmazzo si risale tutta la Valle Vermenagna, si attraversa il traforo di Tenda, per discendere in Valle Roya in direzione XX miglia. Oltre Breil-sur-Roya, prima di raggiungere l’abitato di S. Michele si svolta a destra per Olivetta, dove è possibile lasciare l’auto nel parcheggio al centro del paese, nei pressi del Municipio.

Descrizione: dal centro del paese si prosegue fino all’estremità occidentale della piazza, seguendo quindi sulla sinistra una stradina in discesa. Si imbocca a destra via Torre, per raggiungere un sottostante posteggio asfaltato. Si procede ora a destra su via Ponte Roncone (seguendo le tracce bianco e rosse) lungo una via in cemento che attraversa la Borgata Torre. Oltrepassate le ultime case, si prosegue su una mulattiera per lasciarla, per una traccia poco evidente a sinistra (ma ben segnalata), che scende per attraversare poco dopo, il torrente Bevera sul ponte Roncone. Oltre il ponte si lascia una traccia a sinistra, per proseguire diritto su un sentiero ripido con fondo lastricato (segnavia 9 – tacche bianco e rosse), che supera successivamente un rio e continua con stretti tornanti fino a raggiungere cima Rovere (m. 683 – 1h e 20 minuti da Olivetta – ripetitore passivo per le telecomunicazioni). La traccia sempre evidente, prosegue più dolcemente nella valletta del Rio Giaurusso, tagliando le pendici orientali della Testa di Cuore. Si continua seguendo le tacche attraverso fasce abbandonate, per pervenire dopo una breve rampa, soggetta ad essere invasa da acqua di ruscellamento, ad un’ampia pista sterrata e di seguito ad un bivio segnalato. Procedendo sulla strada si va in direzione della nostra cima, mentre deviando a sinistra in un centinaio di metri si arriva al Rifugio Patrick Gambino (m. 1015 – 2 ore da Olivetta). Il ricovero di proprietà del CAI di Ventimiglia, non è gestito. E’ stato inaugurato il 29 agosto 1980 ed è dedicato alla memoria dell’alpinista monegasco Patrick Gambino, caduto nel gennaio 1980 sulla parete N del Cervino. E’ una costruzione in muratura ad un solo piano e solaio, con tetto in onduline rossa. Dispone di 16 posti letto con riscaldamento a legno e uso cucina. Su una fascia laterale nel bosco di larici ed abeti è presente una sorgente d’acqua purissima (Fonte Gerri).

Continuando sulla pista sterrata, lasciamo a destra un sentiero (indicazioni passo Treittore) per proseguire con ampi tornanti. Al bivio successivo lasciamo ancora a destra un altra traccia, per tagliare a sinistra in diagonale il versante nord della nostra cima e raggiungere lo spartiacque. Di qui si segue a destra sull’ampia traccia in salita tra caserme in rovina, per rivolgersi ancora a destra e guadagnare la vetta seguendo la brulla cresta sud. La nostra montagna è una cima bifida, con una prima croce di dimensioni più modeste situata in territorio italiano, mentre una seconda, a confine con la Francia, è posizionata su di un enorme basamento di pietra e cemento, sul cui lato francese, una targa ricorda il grande alpinista Patrick Berhault (19 luglio 1957 – 28 Aprile 2004).

Il Grammondo (m. 1378) è l’ultima vetta di un certo rilievo sulla cresta di frontiera che digrada verso il mare ed offre un panorama di prim’ordine con ad Est, Ventimiglia e la foce del fiume Roya, a Sud, Mentone e Castellar, Mont Agel e Sainte-Agnès, ad Ovest, Mont Razet ed, a Nord, ancora il fiume Roya, Piena, Breil e Fanghetto fino a tutto l’arco delle Alpi Marittime.

Scorcio su Olivetta San Michele

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Anello del Monte Bettone da Paschero di Stroppo

  • Località di partenza: Paschero (Stroppo capoluogo)
  • Quota di partenza: 1090 m
  • Dislivello: 1060 m
  • Tempo di percorrenza. 6h30′ l’anello
  • Difficoltà: E

Accesso stradale: Si percorre la statale della Valle Maira fino a Bassura,  poco prima della Borgata, si lascia la rotabile principale per seguire a destra le indicazioni per Elva/Paschero. Lasciamo l’auto nell’ampio posteggio nei pressi della chiesa parrocchiale, dedicata a S. Giovanni Battista nella borgata Paschero  (Lou Pasquier – m. 1090).

Itinerario: Si ridiscende la strada asfaltata fino al primo tornante, dove si procede diritto in leggera discesa lungo un’antica mulattiera che segue sulla destra il corso di un torrente.  Nei pressi di un vecchio mulino, si attraversa il rio su un antico ponticello in pietra ben conservato (m.1058), prendendo quota verso sinistra sotto la parete rocciosa della Rocca del Papa per inoltrarsi nel cumbal Tinas. Superando alcuni tornanti lasciamo a destra il sentiero per le Borgate Ciamin (m. 1333) e Contà (m. 1427) da cui arriveremo al ritorno, per proseguire per San Martino e il Colle di San Giovanni. Si perviene ad un ulteriore bivio dove, a destra, parte una traccia ancora per la Borgata Ciamin che tralasciamo e aggirato un costone, tocchiamo un buon punto panoramico.

La borgata di S. Martino

Con un traverso raggiungiamo la strada asfaltata per seguirla a sinistra in discesa,  e aggirata una propaggine rocciosa si giunge alla Borgata di S. Martino inferiore (m. 1378) e successivamente  alla Borgata superiore (m. 1476).

Guadagnata in cima alla borgata la via panoramica asfaltata che porta a Elva, la si segue a destra e dopo poche decine di metri, la si lascia per una scorciatoia ben evidente a monte, che ci permette di risalire il versante facendoci evitare alcuni lunghi tornanti che incroceremo durante la salita. Tagliata per l’ultima volta la strada asfaltata, seguiamo una pista forestale che porta presso una grangia alla base della vetta del Monte Betunet (m. 1827). In breve si raggiunge la cima, da dove si gode di una grandiosa vista su un tratto dell’aspro Vallone di Elva, sul Pelvo d’Elva e sul Chersogno e sulla vertiginosa parete ovest del Monte Bettone.

Si ridiscende alla Grangia per seguire una traccia che senza alcuna difficoltà risale piegando a sinistra le pendici del Monte Bettone (m. 1903). Dalla vetta oltre il panorama sul Vallone di Elva e sulle cime circostanti è possibile già intravvedere, verso nord, il Colle S. Giovanni e la Chiesetta omonima con l’itinerario da seguire per raggiungerla.

Il Betunet (m. 1827) visto dal sentiero di salita al Bettone

Ridiscesi dalla cima, si segue verso sinistra l’evidente sentiero che in breve ci porta al Colle Bettone (m. 1831) da dove recuperiamo il sentiero GTA che raggiunge il Colle S. Giovanni (m. 1875) con la caratteristica Cappella omonima di forma circolare (fontana).

Svoltando ancora a sinistra, si procede in leggera discesa sulla dorsale per raggiungere una tavola orientativa su un pulpito panoramico, con uno spazio dedicato ad una poesia di Piero Raina, poeta di Elva, scomparso l’8 agosto 2009, ma ancora vivo nel cuore degli abitanti della Valle Maira. Di qui piegando a destra si raggiunge il “Fremo Cuncunà” un caratteristico sperone roccioso sospeso sul vuoto. Il nome significa in lingua occitana di Elva “donna accovacciata”. A chiamarsi così in realtà, non è il singolo sperone aggettante, ma un insieme di rocce, che viste dalla strada del Vallone di Elva formano la singolare figura.

Dopo la foto mozzafiato di rito sulla roccia (si raccomanda la massima prudenza), si segue a ritroso il percorso fino alla Cappella di S. Giovanni, per risalire la strada poderale che ha origine davanti all’edificio e che ci conduce in pochi minuti al Colle della Cavallina  (m. 1941) dove transita la provinciale che porta a Elva. Si piega a destra seguendo la strada asfaltata, per abbandonarla poco più in basso del Colle Bettone, dove dalla provinciale si stacca a sinistra un sentiero (GTA) che discende nel vallone. Al primo tornante (palina) si lascia la traccia che curvando a destra porta alla Borgata S. Martino, per continuare diritto (GTA) sul sentiero piuttosto malagevole che lambisce un paio di volte la strada asfaltata e velocemente raggiunge la Borgata Contà (m. 1427), dove ritroviamo la rotabile che sale a Elva. Quindi dopo aver attraversato la sottostante Borgata Ciamin (m. 1333), che conserva una bella Cappella dedicata a S. Michele, un bel sentiero lastricato ci riporta con ripidi tornanti a chiudere l’anello sulla mulattiera T31, nel cumbal Tinas. Si scende quindi a sinistra, a ritroso sul tracciato percorso all’andata e superato il rio sull’antico ponte di pietra, con modesta salita si raggiunge Paschero.

 

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